Manette al pm Lembo della Dna e all'ex gip Mondello
Nei guai anche un maresciallo dei carabinieri


Messina, arrestati due giudici
Avrebbero coperto falso pentito

Connivenze tra giustizia e Cosa Nostra
sei ordini di custodia cautelare


 

MESSINA - Bufera sulla magistratura messinese. Il pm Giovanni Lembo, 55 anni, della Direzione nazionale antimafia e l'ex giudice per le indagini preliminari Marcello Mondello, 71 anni, ora in pensione, sono stati arrestati dai carabinieri di Catania nell'ambito dell'inchiesta sulla gestione del "falso pentito" Luigi Sparacio. Nei loro confronti il gip ha emesso ordini di carcerazione ipotizzando i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, abuso d'ufficio e falso ideologico.

Lembo è stato subito interrogato per oltre cinque ore respingendo tutte le accuse. Il suo legale, il professor Guido Ziccone spiega: "Il mio assistito è stato molto fermo e lucido nel contestare le tesi dell'accusa. Sono sicuro che tutto sarà chiarito, anche se questa vicenda è uno dei segni di inquietudine che comportano i collaboratori di giustizia". I magistrati che hanno interrogato Lembo, non hanno voluto rilasciare dichiarazioni.

La magistratura di Messina è anche sotto osservazione del ministero della Giustizia, che per la seconda volta in un anno ha inviato sul posto ispettori governativi. Tra le pratiche scottanti il ritardo nella deposizione delle motivazioni della sentenza e quelle relative all'università.

Arresti dai risvolti inquitanti. Finisce in carcere anche il maresciallo dei carabinieri Antonio Princi, 34 anni, all'epoca dei fatti segretario del pm Lembo, indagato per minacce. Colpiti da provvedimenti anche l'imprenditore Santi Travia, 62 anni, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e due collaboratori di giustizia, Cosimo Cirfeta, di 35 anni, e Giuseppe Chiofalo, di 50, entrambi indagati per calunnia, e già detenuti per altri reati.

Cosimo Cirfeta è un boss della Sacra Corona Unita che si "pente" nel '92. Il suo nome, come quello di Chiofalo, è legato, per i magistrati della Procura di Palermo, a un vero e proprio tentativo di depistaggio nell'inchiesta sul parlamentare di Forza Italia Marcello Dell'Utri.

Ma il nome più scottante è quello di Giovanni Lembo. Secondo le contestazioni che gli sono state mosse il magistrato avrebbe concesso, anche con interventi sulla polizia, libertà di movimento al boss Sparacio che, durante la collaborazione, avrebbe mantenuto i rapporti con i suoi affiliati. Avrebbe così "condizionato" le dichiarazioni di altri "pentiti" per impedire che accusassero i familiari e gli amici del boss.

Lembo, secondo l'accusa, avrebbe omesso di verbalizzare le dichiarazioni rilasciate da altri collaboratori su Michelangelo Alfano, indicato come "uomo d'onore" delle cosche di Bagheria. Il pm antimafia avrebbe anche raccolto dichiarazioni "artatamente finalizzate" a scagionare Alfano dall'accusa di essere il mandante del ferimento del giornalista Tonino Licordari.

All'ex gip Marcello Mondello, cui sono stati concessi gli arresti domiciliari, viene invece contestato di avere avuto rapporti costanti con il presunto boss Santo Sfamemi. Il magistrato arebbe partecipato a riunioni nella sua masseria di Villafranca Tirrenica, durante le quali sarebbero state concordati strategie difensive e adozione di provvedimenti giudiziari di favore.

L'imprenditore Santi Travia è indagato per avere svolto un rapporto di mediazione tra Michelangelo Alfano e il pm Lembo con il quale è sospettato avere avuto "cointeressenze economiche". Il maresciallo Antonio Princi è accusato invece di avere minacciato, assieme a Lembo, il collaboratore di giustizia Vincenzo Paratore affinché accusasse ingiustamente un avvocato, Ugo Colonna.

Paratore avrebbe dovuto affermare di essere stato sollecitato dal suo difensore a rendere false dichiarazioni sul magistrato per delegittamarlo. Le indagini dei carabinieri del nucleo operativo e dalla guardia di finanza sono state coordinate dal procuratore aggiunto di Catania, Vincenzo D' Agata, e dai sostituti Mario Amato e Giovanni Cariolo.

Non commenta Ottaviano Del Turco, presidente della Commissione nazionale antimafia. Aspetta di conoscere gli atti processuali. Ma non manca di dire che "la vicenda di Messina è destinata a durare nel tempo perché non sono stati sciolti tutti i nodi che l'inchiesta della commissione Antimafia aveva portato alla luce".

Ma il Procuratore nazionale antimafia Pierluigi Vigna precisa e spiega che Lembo da tempo non aveva più incarichi. "L'indagine sul dottor Lembo si è sviluppata due anni fa e appena ne ho avuta notizia ho esonerato, anche su sua richiesta, il dottor Lembo da ogni attività che riguardava Messina e inoltre da ogni attività che riguardava la Sicilia e Cosa nostra".

(19 marzo 2000)

 


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